lunedì 31 dicembre 2018

Fusione tra classe operaia e Marx... il miglior augurio per il nuovo anno!

"... Chiunque ha letto qualcosa della vita, dei libri, delle lettere, della memorialistica su Marx sa bene che era un comunista molto poco incline alle chiacchiere, poco incline ad essere venerato, celebrato. Reagiva con un certo fastidio agli adulatori, sapeva bene che tanti che si definivano marxisti rivoluzionari lo facevano per sè, cioè esaltavano Marx per esaltare sè stessi...

.... (Marx) il primo carattere da rivoluzionario che ha assunto fu rispetto al lavoro, allo studio come un lavoro da fare fino in fondo, che doveva essere posto prima di ogni cosa; e quindi la sua vita, i suoi problemi di salute passavano in secondo piano...

... per Marx la rivoluzione ha bisogno di una teoria scientifica, di una capacità di analisi dei fatti politici, della possibilità di ricondurli alle cause di fondo, e nell'analisi di queste cause trovare la strada...

... E' la fusione tra Marx e la classe operaia la chiave di volta del marxismo. Il marxismo non potrà mai essere una "religione" perchè è fuso con la realtà della lotta di classe. Avanza e avanza la lotta della classe operaia, arretra se arretra la lotta della classe operaia. Non dipende da Dei, profeti o genii, ma dipende dal nesso tra scienza e lotta di classe...".

Dalla Rivista La Nuova Bandiera: 
"Il 200° anniversario di Marx"
- richiedila a pcro.red@gmail.com - 

giovedì 20 dicembre 2018

L’incontro al Ministero di ieri mette in dubbio perfino il rinnovo della cassa integrazione, mentre il “nuovo” piano industriale è ancora in alto mare

Quindi l’azienda, secondo il comunicato della Fiom: “ha garantito il pagamento a partire da domani [oggi per chi legge, ndr] delle spettanze pendenti: la tredicesima mensilità, la flexible benefit e Metàsalute. Mentre per Cometa la copertura sarà a gennaio”, inoltre “ha confermato che oggi [sempre ieri] presenterà la richiesta per la cassa integrazione straordinaria per tutto il 2019.”

Quindi, ancora ieri, 19 dicembre, la Blutec non aveva presentato la richiesta di cassa integrazione, mettendo in serio pericolo pure questo ammortizzatore per il 2019.

Poi la Blutec ha presentato il “nuovo” piano di rilancio che nella sostanza sembra il copiato di quelli precedenti: “A fine piano a dicembre 2019, l’azienda prevede l’impiego di 692 lavoratori attraverso un cronoprogramma, che a partire dai 132 dipendenti attuali, prevede l’assunzione di 30 lavoratori a febbraio del 2019, di 35 ad aprile, di 45 a maggio, di 85 a giugno, di 40 a luglio, di 50 ad agosto, di 60 a settembre, di 35 a ottobre, di 80 a novembre di 100 a dicembre.” Non si può nemmeno commentare un tale “cronoprogramma”!

Ricordiamo che i 132 operai di cui si parla in questo momento sono impegnati fondamentalmente nei corsi di riqualificazione e non nella produzione!

E ancora: “la novità del piano industriale è l’assemblaggio e la produzione di macchine elettriche LSEV tramite l’accordo con un nuovo player cinese JAC.”

E siamo tornati ai cinesi, che la Fiat di Marchionne aveva ostacolato in tutti i modi!


“L’accordo con la cinese Jac – aggiunge il GdS in edicola oggi - per un nuovo veicolo elettrico, prevede la possibilità di produzioni già nel 2019 di circa duemila auto, con una possibilità di crescita nei volumi entro il 2021 di oltre 21 mila. Questo piccolo veicolo full electric, a regime nel 2019, secondo l’azienda porterà lavoro a 170 dipendenti.”

E questa sembra l’unica novità veramente interessante per gli operai, nonostante tutte le difficoltà e incognite che ciò porta con sé.

A quanto pare, invece, la famosa elettrificazione del Ducato è ancora tutta da confermare.
E infine c’è il regalo di Natale per la Blutec! Visto che per quanto riguarda i 20 milioni di soldi pubblici anticipati alla Blutec da Invitalia, il Ministero sta autorizzando l’azienda a restituirli a rate. Che questi soldi alla fine vengano davvero restituiti abbiamo i nostri dubbi.

Agli operai resta ancora una volta la presa d’atto di ciò che sta succedendo e l’unica scelta possibile: autorganizzarsi affidandosi a se stessi, alla propria lotta e rappresentanza prendendo nelle proprie mani la vertenza!

giovedì 15 novembre 2018

Blutec-ex Fiat Termini Imerese: “riapre” la vertenza, ricominciano i tavoli, i progetti, le promesse… con un brutto presagio finale del ministro del lavoro Di Maio!


Dall’incontro che si è tenuto il 13 al Ministero dell’industria e dello sviluppo economico tra la Blutec, il ministero e i sindacati confederali non è venuto fuori niente di concreto.
Come si può benissimo leggere in questo comunicato di Rassegna.it fino ad ora si tratta di tutta roba vecchia, senza nessun futuro; l’unica novità, chiamiamola così, sarebbe la promessa di Di Maio di coinvolgere la Fca, ex Fiat, che nel frattempo mette in cassa integrazione migliaia di operai in tutti gli stabilimenti!
Di sicuro c’è la volontà di tutti di dare seguito alla cassa integrazione per evitare naturalmente eventuali “problemi di ordine pubblico”.
Il ministro, dice il un articolo il Giornale di Sicilia, “… ha intimato a Blutec la proposizione di progetti concreti entro i prossimi 15 giorni e che lo stesso Di Maio coinvolgerà direttamente FCA nella vertenza al fine di richiamarla alle sue responsabilità industriali. Se no sarà chiusura”.
Chiusura di cosa? Il prossimo appuntamento al Mise è stato fissato per i primi di dicembre.



***

Blutec, vertenza riaperta
13 novembre 2018 ore 13.20
Al tavolo del Mise, l'azienda ha presentato il progetto di rilancio del polo industriale palermitano che prevede l’occupazione di 694 lavoratori entro il 2020. Fiom: "L'obiettivo è la reindustrializzazione e la rioccupazione di tutti, indotto compreso"
Si è tenuto questa mattina (13 novembre) il tavolo al Ministero dello sviluppo economico sulla vertenza Blutec di Termini Imerese. All'incontro, cui ha partecipato anche il ministro Luigi Di Maio, l’azienda ha presentato il progetto di rilancio del polo industriale palermitano, che finora non è mai partito. Il nuovo piano industriale prevede l’occupazione di 694 lavoratori entro il 2020, con un cronoprogramma che vedrà a dicembre 2018 l’ingresso di 115 lavoratori, a settembre di altri 100 e a dicembre 2019 di ulteriori 344.
Questi obiettivi sarebbero garantiti dalla eventuale conferma di tre iniziative industriali: elettrificazione del Doblò e del Ducato, e assemblaggio delle batterie Samsung. L’azienda ha anche chiarito che sta procedendo a fornire tutte le documentazioni alla Guardia di Finanza sul vecchio contratto di sviluppo e ha già realizzato una nuova proposta da sottoporre a Invitalia per realizzare il piano industriale.
La Fiom, al tavolo, ha chiesto la salvaguardia della continuità occupazionale per il 2019 e gli interventi necessari a garantire l’uscita dei lavoratori “usurati”, visto che la cassa integrazione scadrà a dicembre 2018 e ad oggi non ci sono produzioni in grado di garantire la rioccupazione di tutti i lavoratori. Quindi è stato chiesto all’azienda di presentare la richiesta al Ministero del lavoro e al ministro di tutelare anche i 300 lavoratori dell’indotto, che comprendono i 64 dei servizi a cui a breve scade la Naspi.
"Salvaguardata la continuità occupazionale", per la Fiom, ma ora è "indispensabile la riapertura della vertenza Termini Imerese. Serve il coinvolgimento diretto di Fca - oltre ad essere necessario aprire a nuovi players che siano interessati a investire in quell’area industriale - per la transizione dall’auto endotermica alla mobilità elettrica attraverso la componentistica dell’auto".
Secondo quanto riferito da Michele De Palma, segretario nazionale della Fiom e Roberto Mastrosimone, segretario generale Fiom Sicilia, Di Maio ha preso l’impegno "di partecipare direttamente a tutti i tavoli". Il prossimo è aggiornato alla prima settimana di dicembre. Nel frattempo il ministro "richiamerà Fca alle sue responsabilità su Termini Imerese con la presentazione del piano industriale per l’Italia". Inoltre, Di Maio "ha chiesto che Blutec entro due settimane verifichi la fattibilità concreta del piano, in tal caso sarebbero assicurati gli strumenti utili per il rilancio del progetto di industrializzazione". Infine, Di Maio ha confermato gli ammortizzatori sociali sia per i 700 lavoratori ex Fiat sia per i 300 dell’indotto per tutto il 2019.

La Fiom ritiene la partecipazione del ministro "un atto importante verso i lavoratori e valuta positivamente la dichiarazione fatta di lavorare per il coinvolgimento diretto di Fca, come da noi richiesto". Inoltre la Blutec, "a fronte della nostra sollecitazione a far partire la richiesta di nuovi ammortizzatori sociali per il 2019, si è impegnata ad attivarsi da subito.
La 'vertenza Termini Imerese' è riaperta: l’obiettivo è garantire con la reindustrializzazione la rioccupazione dei 700 lavoratori Blutec più i 300 dell’indotto in un settore di forte innovazione come la mobilità elettrica”.

http://www.rassegna.it/articoli/blutec-vertenza-riaperta

domenica 28 ottobre 2018

Di Maio e l’ex Fiat di Termini Imerese: un altro sciacallo ingannapopolo che promette l’ennesimo rilancio e l’ennesima cassa integrazione!

Diciamo subito che Di Maio non voleva! Non avrebbe voluto incontrare tutti gli operai ex Fiat. Voleva incontrare in un ristorante solo una 20ina di operai di una ditta dell’indotto che erano rimasti fuori dagli ammortizzatori sociali. Ma vistosi scoperto, visto le dichiarazioni di diverse “autorità” locali sulla sua scelta, e per evitare qualche “sceneggiata” davanti al ristorante, alla fine ha deciso di presentarsi davanti ai cancelli.


A questo punto ha trasformato in una passerella più larga il suo giro elettorale in Sicilia, l’ennesima passerella di un politico, in questo caso Di Maio, alla ex Fiat di Termini Imerese - per adesso Blutec - e non poteva mancare la stessa esatta frase che hanno detto tutti i politici e, cioè, che ci sarà il “rilancio” e soprattutto che la cassa integrazione sarà rinnovata!

Alle circa 200 persone presenti, tra operai, sindacalisti, sindaci, preti, polizia ecc. ecc. già che c’era Di Maio, vice presidente di un governo fasciopopulista, si è rivolto, provando a spingersi oltre, promettendo, appunto, il “rilancio” dell’azienda, con questa frase: “… se la Blutec non rispetterà gli impegni …”. Se??? Si vede che nella fretta Di Maio non era stato informato bene, dato che la Blutec non rispetta gli impegni da quando è subentrata nello stabilimento! E adesso è pure indagata per i 20 milioni che deve restituire a Invitalia!!!

Ma Di Maio avrebbe detto qualsiasi cosa pur di farsi campagna elettorale. In questo senso suona come ricatto la frase detta verso la fine agli operai davanti ai cancelli: “…non ce la potete fare da soli…”! dicendo che allerterà gli eletti locali e tutte le istituzioni regionali ecc. ecc.

Di stupidaggini da ingannapopolo ne ha dette, Di Maio, in questa serata. Ne citiamo un’altra tra le tante. Dopo aver citato come iniziative di successo la Baekert, la Whirlpool, l’Ilva, ha parlato della possibilità di coinvolgimento della Fiat a livello nazionale e che se necessario le aziende devono tornare dalla Polonia, dalla Romania, dai paesi dell’Est, perché “… non vale solo il costo del lavoro…” ma vale anche la competenza e la professionalità, “e il fatto che sia fatto in Italia, vende di più, qualsiasi cosa” perché “è fatta in Italia, e quando è fatta in Italia è fatta bene”!!!
Perciò, ricorda Di Maio agli operai che con tutte queste chiacchiere rischiavano di dimenticare il perché della sua presenza, “sostenete i vostri rappresentanti”!

Come sanno anche i bambini, ma a quanto pare non lo sanno né Di Maio né i sindacalisti presenti, è proprio il cosiddetto COSTO DEL LAVORO, che per i padroni deve essere quanto più basso possibile, e tanto più grande quindi il grado di sfruttamento degli operai, e più grandi in profitti, che spinge i padroni a cambiare paese quando vogliono e possono!
Come sanno anche i bambini, per i padroni non è importante affatto come si chiama una nazione, in questo i padroni sono internazionalisti da sempre, l’importante è che ci siano operai da sfruttare e fare profitti!
Ma i sindacalisti presenti a quanto pare, a differenza dei padroni, non sanno come funziona il Capitale. Sanno bene, però, come fare carriera sulla pelle degli operai, come Barbagallo, attuale segretario generale della Uil (ex operaio proprio alla Fiat di Termini!) o Mastrosimone, confermato in questi giorni a capo della Fiom Cgil Sicilia; sindacalisti che in tutti questi anni hanno “accompagnato” di volta in volta i politici nelle loro passerelle davanti ai cancelli.

Al contrario delle chiacchiere di Di Maio, sulle quali si diverte anche il quotidiano La Repubblica con un articolo che riportiamo sotto, dobbiamo affermare con forza che SEMPRE, QUANDO VOGLIONO, COME CLASSE, GLI OPERAI CE LA FANNO DA SOLI!

Nell’articolo che riproduciamo il giornalista fa la storia della vertenza e l’elenco di tanti POLITICI che negli anni hanno fatto promesse e detto bugie agli operai; ha dimenticato però di dire che quasi tutti, Berlusconi, Cuffaro, Lombardo, Crocetta, o sono finiti in galera o sono ancora sotto indagine per MAFIA…
Per chi si volesse sorbire direttamente Di Maio:
https://www.facebook.com/andrea.sanfilippo.524/videos/2225077694372893/

***
Da Berlusconi ai Cinquestelle
Sedici anni di miraggi davanti ai cancelli dell’ex Fiat
Prima la visita del Cavaliere. Poi Cuffaro, Bersani, Renzi e gli altri
Tutti con lo stesso annuncio: il rilancio. Che però non arriva mai

LA CONDIZIONE OPERAIA: IL CASO BLUTEC - EX FIAT TERMINI IMERESE

Blutec (ex Fiat) Termini Imerse

In fabbrica lavorano 135 operai di cui circa 40 trasformati in “progettisti” dopo un corso di alcuni mesi, impegnati nella progettazione di un nuovo motore elettrico e con un orario 8-16, il resto è impegnato sia nei corsi che nella produzione materiale dei prototipi, e altri compiti, tornieri, piegatori di lamiere, con orario 4+4 (4 ore di “lavoro” e 4 di corso regionale), e altri 2+6, (2 di lavoro e 6 di corso regionale).

Gli operai licenziati il 31 dicembre 2011 sono stati circa 700 Fiat e circa 400 delle Ditte dell’indotto. Adesso il numero di tutti questi operai rimasti fuori dalla fabbrica è di circa 500 ex Fiat e circa 300 indotto (a causa dei pensionamenti, “accompagnamenti” alla pensione ecc.).

Dal 31 dicembre 2011 la fabbrica è stata chiusa ed è rimasta in attesa della riapertura fino a quattro anni fa quando è stata rilevata dalla Blutec del Gruppo Metec/Stola, un’azienda storicamente legata alla Fiat per la quale produce da sempre varie parti che compongono le auto (la cosiddetta componentistica).

In questi 4 anni il piano presentato dalla Blutec che prevedeva la riassunzione di tutti gli operai è stato modificato continuamente e non è mai stato messo in atto realmente.

Quest’ultimo “piano” prevede che operai e impiegati siano al lavoro sul motore elettrico che dovrebbe essere impiantato sul Doblò Fiat prodotto in Turchia (commessa da 6.800 unità che a dire dell’azienda dovrebbe partire a pieno regime da gennaio) e di uno scooter a tre ruote elettrico per le Poste e che è stato presentato qualche mese fa al salone di Torino.

Nella sostanza attualmente gli operai non lavorano a nessuna produzione in serie. Anzi la situazione si è complicata con la revoca da parte del governo delle agevolazioni finanziarie legate al progetto industriale e l’azienda si è messa d’accordo con Invitalia per la restituzione dei primi 20 milioni di euro sugli 80 complessivi. In più in questi giorni l’azienda ha comunicato di aver scorporato gli stabilimenti abruzzesi e lucani.

A causa anche della minaccia della scadenza della cassa integrazione ogni anno (da 7 anni!) e che deve essere rinnovata con la presentazione di un “piano industriale” gli operai sono rimasti legati ai sindacati confederali neocorporativi Fiom, Fim, Uilm ecc.

Per una possibilità di riapertura della lotta si dovrebbe usare il punto di forza del numero ancora molto grande.

Il quadro generale di questa azienda si può inserire in quello più grande della Fca per la quale la Blutec produce componentistica, ma anche come possibile polo di lancio della produzione dei veicoli elettrici, settore in cui la Fca è veramente indietro rispetto ai concorrenti, è anche per questo che si può riaprire prima di tutto la questione FCA che si deve riprendere in una qualche forma questi lavoratori e/o ne deve garantire il futuro lavorativo.


Per fare passi avanti su questo è necessario che gli operai si autorganizzino per lottare - si colleghino agli operai autorganizzati della FCA presenti negli altri stabilimenti - fuori e contro i sindacati confederali - fuori e contro la ricerca di destini individuali e accettazione della divisione tra operai di serie A e operai di serie B.

Dall'intervento dello Slai cobas sc di Palermo al coordinamento nazionale Slai cobas del 13 ottobre

lunedì 10 settembre 2018

Dalla BLUTEC ai supermercati, adesso è "allarme lavoro" a Termini Imerese...


... bisogna riconoscere i veri responsabili dell'attuale situazione: Fiat, Governo, sindacati confederali e riprendere nelle proprie mani la vertenza...
***
dal Giornale di Sicilia

L’emergenza. Intanto resta in stallo il contenzioso tra Invitalia e l’azienda che ha rilevato l’ex stabilimento della Fiat. Il sindaco Giunta: “Il governo batta un colpo”
Supermercati e Blutec, allarme lavoro a Termini
Da domani serrata del Super Spaccio nell’area industriale, a casa 10 dipendenti. E i sindacati indicono lo sciopero
Da domani saracinesche abbassate al Super spaccio alimentare, lo ha deciso l’azienda scatenando la protesta dei sindacati: “non siamo stati interpellati, serve un confronto per tutelare i livelli occupazionali.”
Domani chiuderanno le filiali dei supermercati del gruppo Cambria nella zona Industriale di Termini Imerese e quello di Catania, in via Rapisardi.
Si tratta di supermercati a marchio Spaccio alimentare e Iperspaccio. Una decina i lavoratori impiegati a Termini, altrettanti a Catania. Era l’unico supermercato nel raggio di 28 chilometri tra la città e Lascari.
I sindacati Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno proclamato lo sciopero regionale. “Durante il precedente incontro – ricordano i sindacati – avevamo diffidato la società dal porre in essere iniziative di questo tipo, senza il preventivo e dovuto confronto sindacale, con l’obiettivo di salvaguardare e tutelare i livelli occupazione. Criteri e modalità non possono rimanere una scelta discrezionale dell’azienda. È inutile ricordare il clima di allarmismo, confusione, amarezza e paura che si respira ormai in tutti i punti vendita, per le imprevedibili e improvvise iniziative aziendali, che ormai sono diffuse in tutte le provincie e che rischiano id vanificare i sacrifici che in questi ultimi anni i lavoratori hanno dovuto sopportare. Iniziative che evidenziano una palese difficoltà da parte della società di avviare un progetto di rilancio chiaro e definito e una evidente mancanza di una visione di prospettiva a lungo termine”.
Quindi la proclamazione dello sciopero regionale “con le modalità che ciascun territorio riterrà opportune, le cui date saranno successivamente comunicate”. I sindacati guidati da Salvatore Leonardi, Mimma Calabrò e Marianna Flauto hanno inoltre comunicazione anche all’Ispettorato regionale del Lavoro, al quale i chiede “con sollecitudine, di convocare un tavolo regionale con la società, per affrontare il tema del mantenimento del perimetro aziendale e di tutti i livelli occupazionali”.
Ed intanto è stata rinviata questa a settimana la definizione del contenzioso tra Invitalia e Blutec. Ancora incerto il futuro dei lavoratori di tutto l’area industriale di Termini Imerese. Un’attesa che cresce anno dopo anno nel cercare di comprendere quale futuro li attende e soprattutto con quali prospettive.
Nel corso dell’estate, il tanto atteso (e promesso da anni) tavolo al Mise che si sarebbe dovuto tenere all’interno dello stabilimento Blutec, proprio alla vigilia, ha visto modificare i programmi e si è tenuto, come di consueto, presso la sede romana del ministero, al quale per evidenti motivi logistici (avendo appreso del cambio di programma meno di 24 ore prima) non hanno partecipato le rappresentanze sindacali territoriali né il sindaco Francesco Giunta, che a loro volta hanno partecipato ad un presidio dinanzi lo stabilimento, contestualmente all’incontro romano nel corso del quale, sostanzialmente, si stabiliva di rinviare la definizione del contenzioso tra Invitalia e Blutec al mese di settembre . “In questo quadro a di poco desolante – si legge in una nota del Comune – il ministro Di Maio è sembrato non essere particolarmente interessato alla vertenza Termini Imerese. Lo stesso ha convocato div ersi incontri, occupandosi di altre vertenze (Irisbus, Ilva, ecc.), riuscendo, in alcuni casi anche ad individuare adeguata risoluzione”.
Sull’argomento è intervenuto il sindaco Giunta che ha dichiarato, con non poca preoccupazione: “In un batter di ciglio ci ritroviamo nel mese di settembre, senza che all’orizzonte si intraveda uno spiraglio in questa lunghissima e dolorosa vertenza. Aspetto che ancor più mi preoccupa è il volgere a termine del 2018 e conseguentemente degli ammortizzatori sociali. Sin dall’insediamento del governo mi sarei aspettato maggiore attenzione. Di Maio batta un colpo”.
Giornale di Sicilia 9 settembre ’18

domenica 29 luglio 2018

COSA C'ERA DIETRO LA 'PUNTO'? IL SISTEMA SCIENTIFICO DI MODERNO SFRUTTAMENTO DELLA FIAT DI MARCHIONNE

Il 27 luglio è stata prodotto nello stabilimento della Fiat-Sata di Melfi l'ultimo modello della  Punto.
Con chiaramente accordo sindacale, buona parte degli operai e operaie è messa in contratto di solidarietà - con una riduzione dell'orario di lavoro (e quindi del salario) mediamente del 28% - e per gli operai considerati "infungibili" per la produzione dei modelli rimasti, Jeep e 500x, c'è la cassintegrazione.
Già ai primi di luglio si parlava per Melfi di 1640 esuberi.

L’uscita di produzione della Punto coincide col ridimensionamento definitivo del marchio Fiat, già annunciato da Marchionne ufficialmente il 1 giugno e con la fine della produzione di vetture economiche per spostarla soprattutto sui marchi premium, ad alta redditività (Jeep).

La stampa, mettendoci anche un velo di "nostalgia" da parte degli operai (che non guasta mai), in alcuni articoli fa la cronaca della produzione della Punto fatta per 25 anni. 
Ma chiaramente tace su cosa ha significato per gli operai; cosa c'era dietro questa produzione, in una fabbrica, come la Sata di Melfi, in cui la Fiat ha costruito il suo nuovo sistema, dove vi è stata e vi è l'applicazione più scientifica del moderno sistema capitalista italiano di sfruttamento della forza-lavoro, di estorsione del plusvalore.

Cosa ha significato questo sistema per gli operai, lo hanno descritto, denunciato, gridato
negli anni tantissimi operai e operaie; in alcuni momenti in modo forte, collettivo che ha fatto paura a padroni, governo e Stato - come furono i meravigliosi 21 giorni del 2004, in altri momenti più in silenzio, in maniera individuale, o in piccoli settori di operai; e ora con una difficile, ancora minima, ma costante, irremovibile ripresa di autorganizzazione operaia e di iniziative di lotta, scioperi.

"A Melfi si è passati dalla fabbrica modello Chaplin di 'Tempi moderni' che voleva solo le braccia degli operai, ad una fabbrica "modello Chaplin" che chiede anche il cervello,l'anima dell'operaio, ma che in sostanza vuole ridurre il "cervello" a dire solo "sì" allo sfruttamento selvaggio delle sue "braccia".
"Se la fabbrica fordista si fondava sul comando burocratico-gerarchico e sulla coercizione, la fabbrica snella si prefigge il coinvolgimento totale degli operai, della loro forza lavoro e della loro intelligenza, della stessa soggettività... Nella fabbrica snella non sono più possibili nicchie d'ombra e "retrobottega" in cui gli operai possono esercitare discrezionalità e autonomie fuori dal controllo padronale, giacchè il "just in time" e il miglioramento continuo, impongono ai lavoratori una pressione strutturale verso una reattività immediata e trasparente, non procrastinabile o semplicemente dilazionabile nel tempo...". (Dal libro 'Fiat le armi della critica di classe contro il fascismo padronale').

Prima o poi, ma è inevitabile, tornerà in maniera forte, ampia la "primavera di Melfi". 

In morte di Marchionne. Editoriale

La morte annunciata di Sergio Marchionne ha rilanciato tutta la borghesia e i suoi organi di stampa e reti televisive in una glorificazione, a cui si è associato anche il presidente fascio-imperialista Trump che lo ha paragonato addirittura ad Henry Ford. 

E' indubbio che Marchionne ha meritato gli elogi del capitale, e ne ha rappresentato gli interessi ben oltre la vicenda del gruppo Fiat.

Egli ha interpretato in maniera quasi esemplare il suo carattere di "funzionario del capitale".

Pur essendo un manager, ha incarnato gli interessi dei padroni, meglio dei padroni stessi; ha preso la Fiat in una situazione di crisi, l'ha, per così dire, salvata e ha giostrato nello scontro e nelle alleanze realizzando, con la fusione con la Chrysler, una operazione che ha salvato i profitti degli Agnelli e quelli dei padroni americani che anch'essi si trovavano di fronte alla crisi di Detroit.

Certo è stato uno dei manager meglio pagati al mondo, ma è sbagliato ridurre tutta l'operazione ai suoi lauti guadagni. Marchionne ha impresso uno stile personale che i padroni in quanto tali e i loro governi non potevano in nessuna maniera realizzare. Ha dato a tutta la vicenda un'anima, e in questo indubbiamente i padroni non possono che essergli eternamente grati, e il suo posto è sicuro nella storia concreta del capitalismo italiano, nella storia dell'industria dell'auto.

E ora con la sua morte sicuramente si apre un vuoto, ben oltre gli indici di Borsa, ma proprio quello lasciato da un funzionario esemplare del capitale che ha colto e cercato di realizzare l'essenza del modo di produzione capitalista e delle leggi del capitale.

Il profitto dipende dall'estorsione del plusvalore e dalla sua realizzazione nel mercato mondiale; il profitto si fonda sullo sfruttamento dei lavoratori. Lo sfruttamento degli operai domanda un comando assoluto e dispotico della forza lavoro, incompatibile con diritti e sindacalismo di classe.

Quella di Marchionne è stata una guerra, una guerra di classe contro la la classe operaia, condotta con radicalità e senza scrupoli, schierando intorno a sè tutte le figure del sistema del capitale, in primo luogo i governi, quindi l'apparato dello Stato e sopratutto in forma decisiva le organizzazioni sindacali come espressione dell'aristocrazia operaia, come puntello del capitale.

E lì che le qualità di Marchionne hanno dimostrato la loro vera natura e messo a nudo le leggi di fondo di questo sistema.

Marchionne è stato l'interprete del fascismo padronale nella forma più pura, in una situazione in cui l'instabilità dei governi e le contraddizioni dello Stato e nello Stato non lo permettevano lo rendevano difficile..


Sul Sole 24Ore 26 luglio si legge  : "Addio a Sergio Marchionne, outsider e uomo di sistema". Alberto Bombassei parla di un "manager rivoluzionario per finanza e industria"; Gian Maria Gros-Pietro di "sintesi perfetta di strategia e tattica"; il Presidente della Confindustria di  "Uomo di rottura e di innovazione". E' tutto vero dal punto di vista dei padroni.


Abbiamo analizzato in un libro - di cui raccomandiamo umilmente la lettura - giorno per giorno, nella fase più acuta della guerra di classe negli stabilimenti Fiat, quali siano stati gli effettivi effetti di questo in fabbrica.


Ora bisogna, però, guardare alle condizioni che hanno permesso a Marchionne di incarnare in questa forma gli interessi di fondo, strategici e tattici del capitale.


Marchionne è stato il capo di stato maggiore della guerra antioperaia, ma gli operai Fiat non sono riusciti ad opporre ad esso un proprio "stato maggiore", una propria organizzazione di classe dotata di una strategia e tattica per combattere questa guerra.

La fine e l'assenza del partito di classe, il cambio di natura del sindacalismo in fabbrica, la inadeguatezza delle tenaci e combattive avanguardie di fabbrica, organizzate o no nei sindacati di base, sono stati gli inevitabili compagni di strada dell'affermazione di Marchionne.

La morte drammatica di Marchionne è l'occasione per fare un'analisi e un bilancio di parte operaia, delle ragioni interne alla classe e alle sue organizzazioni che hanno permesso a Marchionne di essere grande.
Le reazioni nelle fabbriche Fiat alla sua morte restituiscono una fotografia di questo stato delle cose, tra operai dispiaciuti o che vedono a rischio il loro futuro e avanguardie che sottolineano in forma giusta ma scontata i danni di Marchionne alla classe operaia e al movimento sindacale di classe. Questa fotografia dimostra che c'è ancora molto lavoro ideologico, teorico, politico, organizzativo da fare perchè gli operai possano riprendere, sulle ceneri di una sconfitta storica, le armi per una controffensiva.
Le condizioni materiali attuali del gruppo Fiat e il vuoto di progetto e comando creato dalla morte di Marchionne favoriscono, però, l'emergere non della forza del gruppo Fiat ma la nuova fase di crisi profonda che si avvicina.
Gli uomini del capitale restano giganti dai piedi di argilla, i veri eroi sono le masse.
E' tempo di didimostrarlo:

proletari comunisti/PCm Italia
27 luglio 2018

lunedì 23 luglio 2018

La questione operai Termini Imerese ex FIAT resta sempre al palo: operai senza lavoro e senza lotta, senza futuro

comunicato ai lavoratori

Al Tavolo al Mise sempre e solo un problema: l'ennesima fine della cassaintegrazione a fine anno.
Serve invece riaprire prima di tutto la questione FCA che si deve riprendere in una qualche forma questi lavoratori e/o ne deve garantire il futuro lavorativo.
La richiesta ennesima a Blutec di presentare il progetto industriale è funzionale solo per una nuova cassa integrazione e non per una effettiva ripresa del lavoro.

Lo Slai cobas per il sindacato di classe - coordinamento nazionale fa appello agli operai perchè si autorganizzino per lottare - si colleghino agli operai autorganizzati della FCA presenti negli altri stabilimenti - fuori e contro dai sindacati confederali - fuori e contro la ricerca di destini individuali e accettazione della divisione tra operai di serie A e operai di serie B.
Rovesciare lo stato di cose è possibile!

Slai cobas per il sindacato di classe
coordinamento nazionale
slaicobasta@gmail.com

sede di palermo
SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE
3408429376

SOTTOSCRIVIAMO L'APPELLO DEGLI OPERAI FIAT

Appello per i 5 operai Fiat Pomigliano

Due anni fa lanciammo una mobilitazione contro il licenziamento di cinque operai cassintegrati della Fiat di Pomigliano “colpevoli” di aver espresso il dolore e la rabbia per il suicidio di tre compagni di fabbrica, privati – non diversamente da loro – di ogni prospettiva di occupazione. Ci parve che gli amministratori della giustizia avessero rimesso il mondo sul suo asse, perché la Corte d’appello, smentendo il Tribunale del lavoro, diede ragione a Mimmo Mignano e ai suoi quattro coraggiosi compagni, ordinando alla Fiat Chrysler Automobiles il pieno reintegro. Cosa che però la FCA non fece, limitandosi a versare il salario senza permettere ai cinque di varcare i cancelli della fabbrica, quasi fossero pericolosi criminali, mentre invece portò la vicenda in Cassazione.
Dopo un tempo lunghissimo – due anni, che i cinque hanno trascorso in attesa e sospensione nel vuoto – il 6 giugno 2018 la Cassazione ha reso nota la sentenza con cui accoglieva il punto di vista aziendale, sancendo l’obbligo di “fedeltà” all’azienda fuori dall’orario di lavoro.

Secondo i giudici di Cassazione, i cinque avrebbero posto in essere «comportamenti che compromettevano sul piano morale l’immagine del datore di lavoro», venendo meno all’«obbligo di fedeltà a carico del lavoratore subordinato» richiamato dall’articolo 2105 del Codice civile. Questo a dispetto del fatto che l’articolo in questione dispone – semplicemente – che «il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio».
Stiamo parlando di una norma studiata per salvaguardare gli interessi dell’azienda rispetto ad eventuali competitori, che vieta al dipendente di mettersi in concorrenza con il proprio datore di lavoro, legandolo alla riservatezza sui segreti aziendali. Come può una simile disposizione essere indirizzata a operai che, con mansioni esecutive spesso limitate a una sola linea di produzione, o al massimo a un reparto, nemmeno lontanamente possono «trattare affari per conto proprio o di terzi», né tantomeno conoscere «notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione»?
La sentenza ratifica una ratio secondo cui non conta la sofferenza dei deboli ma l’immagine pubblica del padrone; in cui non si protegge l’onorabilità dei suicidi ma quella della controparte, indipendentemente dall’immane disparità del rapporto di forza.
Anno dopo anno, in Italia è stata intaccata la fondamentale funzione esercitata dalla disciplina del diritto del lavoro, diretta a bilanciare lo squilibrio nel rapporto di forza fra imprenditore e dipendente.
Privati persino del diritto di protestare, di gridare il proprio dolore e offesa, cosa lo Stato intende lasciare ai suoi cittadini cassintegrati, licenziati, disoccupati, oltre all’abisso di gesti autolesivi?
Contro questa sentenza, che apre pericolose contraddizioni sull’interpretazione dell’obbligo di fedeltà cui sarebbero assurdamente sottoposti i dipendenti aziendali, intendiamo sostenere non solo Mimmo Mignano e i suoi compagni, ma i numerosi lavoratori licenziati per aver espresso pubblicamente opinioni critiche sulle scelte del proprio datore di lavoro, benché fuori dall’orario e dalle sedi di impiego.
Una simile interpretazione adatta ai casi concreti i principi generali della fedeltà e dell’auto-dominio, e così facendo sancisce l’asservimento dei lavoratori, li condanna al silenzio, li rende ricattabili nella sfera pubblica, riduce la persona umana al mero scambio lavorativo appropriandosi anche della parte di esistenza che è fuori dall’orario di lavoro, disconosce la tutela della dignità dell’uomo sancita dalla Costituzione.
Le recenti riforme del lavoro hanno modificato le relazioni tra lavoratori e datori di lavoro, indebolendo le tutele dei primi a favore dei secondi. Quanto sta accadendo non è solo il risultato di cambiamenti normativi ma l’indice di una profonda involuzione culturale, politica e umana, che minaccia lo stesso sistema democratico del nostro Paese.
La sentenza contro i cinque della FCA segna un salto simbolico al quale intendiamo opporci, perché va a colpire operai che hanno attuato una protesta sindacale utilizzando espressioni satiriche, per quanto aspre, all’unico scopo di dar voce all’angoscia esistenziale che nasce dalla precarietà del lavoro, dall’umiliazione dell’essere considerati scarti dell’umanità, dal dolore per i numerosi compagni che negli anni, alla Fiat e in tutta Italia, si sono suicidati per la perdita del lavoro.
Anche noi crediamo nell’obbligo di fedeltà: quello alla dignità di chi si oppone, e quello alla memoria di chi soccombe. Per questo lanciamo una campagna con la quale chiediamo al Legislatore di regolamentare la normativa sull’obbligo di fedeltà limitandone l’interpretazione a ciò che effettivamente dice, cioé la difesa dell’azienda rispetto alla concorrenza, e chiediamo alla Cassazione di revocare e correggere l’attuale interpretazione.

Per sottoscrivere l’appello vai a: https://nolicenziamentiopinione.wordpress.com/
Oppure invia mail di adesione a: 
ellugio@tin.it
PRIMI FIRMATARI
Andrea Vitale, maestro, pubblicista
Daniela Padoan, scrittrice
Alessandro Arienzo, Università di Napoli “Federico II”
Franco Rossi, docente e pubblicista
Guido Viale, economista
Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale, presidente Attuare la Costituzione
Erri De Luca, scrittore
Massimo Cacciari, filosofo
Marco Travaglio, giornalista, direttore de Il Fatto Quotidiano
Luigi De Magistris, sindaco di Napoli
Moni Ovadia, attore
Ascanio Celestini, attore e regista
Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano
Massimo Villone, costituzionalista, professore emerito di diritto costituzionale all’Università degli Studi di Napoli
Lorenza Carlassare, giurista e costituzionalista
Luigi Ferrajoli, giurista, professore di filosofia del diritto all’Università di Camerino
Riccardo Petrella, professore emerito dell’Università Cattolica di Lovanio (Belgio)
Giuseppe Del Bene, già magistrato del lavoro
Alessandra Ballerini, avvocato
Giuseppe De Marzo, responsabile politiche sociali di Libera
Eleonora Forenza, parlamentare europea, Gruppo GUE/NGL
Luigi De Giacomo, fondatore “Attuare la Costituzione”
Don Peppino Gambardella, parroco di Pomigliano
Francesco Pallante, professore di diritto costituzionale all’Università di Torino
Annamaria Rivera, antropologa
Maria Grazia Meriggi, docente di storia delle culture politiche e dei movimenti sociali europei all’Università di Bergamo
Barbara Pezzini, ordinaria di diritto costituzionale, prorettrice con delega alle politiche di equità e diversità dell’Università di Bergamo
Giuseppe Marziale, avvocato
Giuseppe Antonio Di Marco, Università di Napoli “Federico II”
Valeria Parrella, scrittrice
Francesca Fornario, giornalista e scrittrice
Franco Lorenzoni, maestro
Riccardo Bellofiore, professore di economia politica all’Università di Bergamo
Piero Bevilacqua, storico
Gruppo musicale Lo Stato sociale
Giuseppe Aragno, storico
Donato Auria, operaio indotto FCA Melfi
Domenico De Stradis, operaio FCA Melfi
Andrea Di Paolo, operaio FCA Termoli
Piero Azzoli, operaio FCA Cassino
Teresa Elefante, operaio FCA Mirafiori
Rosario Monda, operaio FCA Pomigliano, reparto logistico Nola
Andrea Tortora, operaio FCA Pomigliano, reparto logistico Nola
Giorgio Cremaschi, Piattaforma Sociale Eurostop
Mario Agostinelli, Energia Felice, già segretario generale della CGIL Lombardia
Piero Basso, presidente Costituzione Beni Comuni
Emilio Molinari, Comitato Acqua Pubblica, già parlamentare europeo
Franco Calamida, già deputato del Parlamento italiano
Vittorio Agnoletto, medico, già parlamentare europeo
Giuseppe Cacciatore, professore emerito Università Napoli, Accademico dei Lincei
Maria Rosaria Marella, docente Diritto Costituzionale, Università di Perugia
Nicola Magliulo, docente e pubblicista
Maurizio Acerbo, segretario nazionale PRC
Giovanni Russo Spena, dirigente nazionale PRC
Gianluca Carmosino, redazione Comune-info.net
Alessandro Portelli, storico
Damiano Colletta, sindaco di Latina
Claudio Serpico, docente Università Federico II Napoli
Michele Tripodi, sindaco di Polistena
Giovanna Vertova, docente di economia politica
Marco D’Isanto, commercialista e pubblicista
Giovanni De Stefanis, Assoc. Libertà e Giustizia, Circolo di Napoli
(*) testo ripreso – con l’immagine – da https://nolicenziamentiopinione.wordpress.com
«Il fatto nuovo è che l’economia abbia cominciato apertamente a fare guerra agli umani; non più solo alle possibilità della loro vita, ma anche a quelle della sopravvivenza». Guy Ernest Debord – scrittore, regista e filosofo francese – in “La società dello spettacolo” (1967), un’opera profetica che varrebbe la pena rileggere o leggere per la prima volta.
(*) Chief Joseph è stato una guida (militare e spirituale) dei Nasi Forati, un popolo nativo americano. Si chiamava in realtà Hinmaton Yalaktit, che in lingua niimiipuutímt significa Tuono che rotola dalla montagna.

giovedì 31 maggio 2018

1 GIUGNO MOBILITAZIONE IN TUTTE LE FABBRICHE FIAT-FCA CONTRO L'ATTACCO AI POSTI DI LAVORO, AL RICATTO, ALLA REPRESSIONE, ALLA CASSA INTEGRAZIONE

Lo sciopero di oggi, questa mobilitazione in tutte le fabbriche Fiat-Fca è la giusta necessaria risposta al pesante attacco ai posti di lavoro, ricatto, repressione, cassintegrazione che Marchionne sta già attuando e ora con il suo piano vuole imporre ancora di più tagliando la produzione, lasciando in campo solo quella delle auto di lusso (si deve produrre solo per i ricchi!) con inevitabili chiusure di linee produttive e licenziamenti. Ma anche per cominciare in tutti gli stabilimenti Fiat-Fca a dire basta alle condizioni di supesfruttamento, di organizzazione del lavoro sempre peggiori che mettono a grave rischio la salute psicofisica, di attacco ai diritti.
Buona parte dei sindacati confederali (Fim, Uil, Fismic) hanno appoggiato, firmato fin dall'inizio i piani di Marchionne e quindi sono fino in fondo complici di ciò che è successo e succede in tutti gli stabilimenti.
Questa giornata in cui Marchionne presenta a Balocco il suo nuovo piano industriale è quindi una giornata nera per gli operai.
Per questo è giusto che gli operai stanno rispondendo con la lotta e l’unità nella lotta di tutti le fabbriche Fiat-Fca.

Questo piano padronale può essere rotto solo da una lotta prolungata, in ogni stabilimento e insieme, e dagli operai che si sono assunti la responsabilità di cominciare a promuoverla. E' importante l'unità ma è importante anche l'autonomia di classe degli operai nell'analisi, nel che fare immediato e nella prospettiva.
Il 23 marzo scorso gli “Operai autorganizzati Fiat-Fca”, insieme ad alcune organizzazioni sindacali di classe e di base hanno chiamato allo sciopero e alla lotta le fabbriche Fca in cui sono presenti, per rispondere ai piani Fiat.
Attualmente gli operai autorganizzati sono ancora pochi e c’è bisogno del sostegno di altri settori di operai, lavoratori in lotta e di altre organizzazioni sindacali di classe – come gli operai della logistica del Si.Cobas venuti il 23 marzo in centinaia, come la rappresentanza di operai dell’Ilva di Taranto e lavoratori delle cooperative dello Slai cobas sc - che comprendono l’importanza per tutte le fabbriche, per tutta la classe operaia, della ripresa della lotta alla Fiat-Fca.

Questi 'Operai autorganizzati Fiat-Fca', i sindacati di base con la loro determinazione, sono un esempio e una dimostrazione che quando ci si riesce ad organizzare autonomamente dai sindacati confederali complici si può lottare sul serio.
Per questo ora più che mai serve l'unità, il coordinamento di operai autorganizzati, dei sindacati di base  e di tutti i settori operai dovunque stiano che lottano realmente.
Ora occorre trasformare le scintille di avanguardie coraggiose presenti in ogni fabbrica, in una prateria di operai che non si piegano ai ricatti di Marchionne, ai capi, ai sindacati complici.
Oggi occorre costruire la coscienza della lotta necessaria e le tappe che essa può e deve avere. Occorre seguire l’esempio e prendere coraggio da quegli operai autorganizzati che, pur affrontando il rischio dell’isolamento e della repressione, hanno vinto la paura, da quei sindacati di base (come Si.Cobas, Soa, Slai cobas per il sindacato di classe) che hanno piena fiducia che la lotta autorganizzata ha un presente e un futuro, a differenza di tutti coloro che si dicono dalla parte degli operai ma in realtà poi quando la lotta c’è la dividono, si dissociano o se ne vogliono approfittare, appropriare.

Dobbiamo continuare la lotta, resistere e diventare una forza per estendere la lotta e riorganizzare il sindacato di classe in tutte le fabbriche e posti di lavoro. I padroni stanno portando avanti una guerra, che come una guerra vera e propria sta facendo sempre più morti di lavoratori (dalle fabbriche siderurgiche, ai cantieri, all'Ilva di Taranto, ecc.). A questa guerra dobbiamo rispondere con la nostra guerra di classe. I padroni, con l'aiuto dei loro governi, dalla Fiat all'Ilva, internazionalizzano la produzione per fare più profitti, noi diciamo come diceva Marx – di cui oggi celebriamo il suo 200° anniversario di nascita - “proletari di tutti i paesi unitevi”.
In questo senso, questa giornata di lotta in tutti gli stabilimenti Fiat-Fca deve essere un inizio.
Costruiamo una rete nazionale di operai autorganizzati, del sindacalismo di classe, che raccolga tutte le energie reali nell’ampio tessuto di fabbriche, in uno spirito di unità, di lotta.
E’ un cammino difficile e tortuoso, ma necessario e possibile!

mercoledì 30 maggio 2018

CONTRO IL PIANO INDUSTRIALE DELLA FIAT CHE LICENZIA MIGLIAIA DI LAVORATORI - UN APPELLO DEGLI OPERAI ALLA LOTTA UNITARIA


FCA] Appello per l’organizzazione di uno sciopero unitario in Fca nel giorno dell’annuncio del piano disindustriale

Facciamo appello a tutte le lavoratrici e lavoratori, a tutte le forze sindacali presenti nei vari stabilimenti Fca italiani per una mobilitazione nazionale da organizzare il 1 giugno 2018.

Ormai è certo che il prossimo piano disindustriale Fca non prevede la produzione di vetture di gamma medio/bassa negli stabilimenti italiani.
Le indiscrezioni giornalistiche, che hanno ripreso le dichiarazioni di Marchionne, sul futuro di Fca nel nostro paese non lasciano molti dubbi su eventuali previsioni.
Dopo più di un secolo di produzione di autovetture utilitarie italiane si punterà per il futuro alla
costruzione di modelli di gamma alta.
Quanto più volte denunciato sta per concretizzarsi, la produzione di modelli che hanno garantito a
 Fiat prima e Fca poi di sopravvivere alla crisi industriale degli ultimi decenni sta per terminare.Poco è importato al padrone se per garantire la propria salute economica abbia sfruttato gli operai, togliendo loro quasi tutti i diritti, ciò che interessava alla famiglia era resistere. Adesso che il limone è stato spremuto fino all’ultima goccia, che tanti lavoratori si sono spaccati la schiena per garantire il benessere di poche decine di persone, arriva questa manovra di smantellamento generale. Tutti sappiamo che non ci sarà posto per le decine di migliaia di lavoratori Fca nel prossimo piano disindustriale, lavoratori che va ricordato stanno già soffrendo da anni i sacrifici imposti dal padrone, anche in termini economici. Con la produzione in Italia di soli SUV e berline di lusso si perderanno migliaia di posti di lavoro, e questo non possiamo permettercelo. È inutile fare l’elenco stabilimento per stabilimento del numero di esuberi, ognuno di noi che vive la propria realtà sa esattamente quanti lavoratori salteranno con il nuovo piano disindustriale.

Il primo giugno, a Balocco, verrà sferrato un colpo durissimo alla classe metalmeccanica italiana, chi rimarrà a lavoro dovrà subire ulteriori pressioni e ricatti, chi verrà mandato a casa dovrà fare i conti con il dramma della disoccupazione.

Oggi forse potrebbe essere già tardi per riprendere in mano un minimo di lotta per la sopravvivenza nostra e dei nostri colleghi, però dobbiamo provare a reagire.
È arrivato il momento di unire le forze operaie e sindacali per organizzare un primo appuntamento per il primo giugno, un appuntamento che non può essere soltanto la dimostrazione che esistiamo, servirebbe veramente a poco, ma deve trasmettere un messaggio di grande protesta e determinazione a proseguire in un percorso di lotta che andrà avanti fin quando non vedremo riconosciute tutte le nostre ragioni.

Invitiamo quindi tutti i sindacati a proclamare per il giorno 1 giugno 8 ore di sciopero a turno in tutti gli stabilimenti Fca e indotti.
Invitiamo tutti i lavoratori che potranno raggiungere Balocco il giorno 1 giugno ad unirsi alla manifestazione che gli operai autorganizzati Fiat Fca stanno organizzando.
Tutti noi sappiamo quanto il momento sia delicato, la storia ci insegna che soltanto lottando tutti insieme contro il padrone possiamo provare a sconfiggerlo, divisi ci aspetta un futuro di sconfitte, così come divisi stiamo affrontando un presente da sconfitti.

Mettiamo da parte le spaccature sindacali e facciamo vedere di che pasta sono fatti gli operai quando marciano gli uni affianco agli altri.

Martedì, 22 Maggio 2018

Operai autorganizzati Fiat - Fca