giovedì 31 luglio 2014

Operai della Fiat e operai dell'Eni di Gela uniti nella sorte?

Il presidente Crocetta dice: 'Non permetteremo che qui si faccia come a Termini Imerese oggi si chiude e domani si penserà al sogno di nuovi investimenti con la green economy.'

Il presidente Crocetta nella foga si tradisce: questa frase vuol dire che il rilancio di Termini Imerese è solo un sogno? non ci sarà? E perché il presidente non dovrebbe mettere lo stesso impegno e non ha usato le stesse parole di fuoco a favore degli operai della Fiat di Termini Imerese?

Eni di Gela: Operai in lotta contro la chiusura


È un'estate di fuoco per tanti operai del paese, le crisi aziendali, causate dalla generale crisi da sovrapproduzione mondiale, oramai non si contano più e vengono tutte scaricate sugli operai che vengono licenziati o messi in cassa integrazione, quando va bene.
La stessa sorte tocca molti operai in Sicilia, dalla Fiat di Termini Imerese all'Eni: gli operai della raffineria Eni di Gela sono in mobilitazione da tempo per lottare contro la possibile chiusura, sarebbe l'ennesima chiusura di un grande stabilimento industriale come quello di Termini Imerese nel solco di quella “desertificazione industriale e umana” di cui parla l'ultimo rapporto Svimez.
E come fu per la Fiat di Termini Imerese, prima della chiusura fu fatto un piano per il rilancio dell'azienda che rimase sulla carta. I responsabili dell'Eni avevano prima fatto un accordo per l'investimento di 700 milioni di euro per far ripartire la produzione della raffineria dopo che una parte era andata a fuoco qualche mese fa, ma adesso si è rimangiata tutto.

La nuova proposta, venuta fuori dall'incontro di ieri al Ministero prevede “investimenti in Sicilia per due miliardi 250 milioni, ma 790 unità da impegnare a fronte delle 1200 attuali ... 1,8 miliardi, secondo fonti sindacali, saranno impiegati per l'aumento della produzione di gas per coprire il 20% del fabbisogno nazionale, per la ricerca di nuovi campi gas e per l'ottimizzazione dei campi offshore … Sono previsti poi altri 250 milioni di investimenti per la riconversione dello stabilimento al biocarburante e altri 200 milioni di investimenti per le bonifiche … dovrebbero essere impiegate 320 unità di personale per il biocarburante, 300 per lo sviluppo Up Stream, 130 per formazione sicurezza e 40 per il risanamento ambientale.” (dal gds 31/7/14).
Questi numeri non sono credibili, come ripetono anche i sindacati confederali (che come sempre alla fine non fanno altro che “accompagnare il morto”!). Se fossero veri porterebbero comunque ad un lento e progressivo ridimensionamento dell'impianto. Nella sostanza l'azienda vuole chiudere la raffinazione perché non più redditizia e tenere in piedi l'estrazione del petrolio (18 mila barili al giorno) e qualche ufficio studi. I numeri per il “risanamento ambientale” sono poi davvero ridicoli. Ciò significa che l'azienda se ne frega di aver inquinato per anni, diffuso e provocato malattie mortali e di fatto distrutto un intero territorio! Solo per le bonifiche si dovrebbero investire tanti più soldi e operai. Per non parlare dei tempi di applicazione di questi “piani di rilancio”! L'esperienza dell'Ilva di Taranto la dice lunga su tutto questo!
E che questo programma non sia credibile lo ricorda perfino il presidente voltagabbana Crocetta (Gela è la sua città natale) che addirittura adesso – riportiamo dalla Repubblica del 29/7 - “... è furente: indossa una maglietta rossa e veste i panni del sindacalista, pronto a sostenere la 'vertenza Gela', ma anche quelli dell'ex dipendente della fabbrica. 'Spesso incontro i genitori dei ragazzi che hanno lavorato in quell'industria – racconta – e ricordo il primo impianto in cui io stesso ho lavorato,' il clorosoda: metà dei miei compagni sono morti, oggi non si sono più. Nessuno osi pensare che si possa abbandonare il territorio dopo averlo distrutto come se nulla fosse”.
Metà dei suoi compagni sono morti ma non ha alzato un dito finora sulla sicurezza sul lavoro!
“Crocetta chiama i lavoratori 'compagni' e a loro si rivolge: 'Non permetteremo che qui si faccia come a Termini Imerese oggi si chiude e domani si penserà al sogno di nuovi investimenti con la green economy. All'Eni sono diventati tutti ambientalisti'. Non usa mezzi termini, il presidente: 'Se volete andare via, allora perché chiedete autorizzazioni per nuovi pozzi e volete il petrolio? Cara Eni, se pensi di raffinare altrove, il petrolio resta nella repubblica di Sicilia dove abbiamo rispetto per il senso di cittadinanza'.”
Come si vede il presidente della Regione straparla (adesso si è inventato la repubblica di Sicilia!) e se ne esce alla fine con un vero e proprio fuoco d'artificio: “conclude dicendo agli operai che quella in atto 'più che una guerra è una guerriglia' e avverte: 'Guai alla rabbia dei giusti. Non siamo i servi di nessuno. Vogliamo il lavoro, gli investimenti e le bonifiche. Non abbiamo paura. Vogliamo continuare a difendere gli interessi delle nuove generazioni'.”

Con queste parole il presidente ha stracciato i sindacalisti presenti, ma proprio come quelle dei sindacalisti si tratta di chiacchiere che servono a tenere buoni innanzi tutto i gelesi e poi l'opinione pubblica, vantandosi probabilmente di aver fatto tutto il possibile, ecc. ecc.
Forse, infatti, Crocetta non ricorda che l'Eni è un'azienda statale e fa profitti. L'Eni risponde del suo operato al governo! non è un privato qualsiasi. Quindi Crocetta, così come i sindacalisti, non possono fare finta di essere impotenti, se vogliono sanno contro chi protestare, con chi se la devono prendere, con la “politica industriale” del loro governo! Che come in tante altre vertenze fa finta di intervenire ma alla fine non risolve mai a favore degli operai.

Gli operai in questi mesi con la lotta hanno portato la vertenza all'attenzione generale e hanno costretto tutti, sindacati e politici a prendere posizione. Dopo l'incontro di ieri stanno imparando a non fidarsi di nessuno, di nessun accordo, di nessun tavolo: solo i fatti contano, quelli che si conquistano con la lotta e la mobilitazione, e questi dipendono dai rapporti di forza, non dalla buona volontà di qualcuno.

mercoledì 30 luglio 2014

Incontro al Mise con i responsabili della Grifa: ancora nulla di veramente concreto

Dopo il mancato incontro del 23 scorso, ieri al ministero l'incontro c'e stato ma non ha ancora portato a nulla di concreto.
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dal Gds
29/07/2014 -

Fiat di Termini Imerese, Grifa disposta a investire 350 milioni di euro



PALERMO. Grifa, la società disposta a produrre auto ibride a Termini Imerese, dove la Fiat ha chiuso la fabbrica nel 2012, ha definito le procedure per aumentare il capitale sociale, portandolo da 25 a 100 milioni di euro. È quanto emerso, secondo fonti sindacali, nel corso del vertice al ministero dello Sviluppo economico sulla vertenza dello stabilimento siciliano del Lingotto.

Il gruppo ha ribadito la propria disponibilità a investire a Termini Imerese 350 milioni di euro, produrre a regime 35mila vetture ed assumere 475 operai. Sono 1.200 le tute blu di Fiat e dell'indotto in cig in deroga fino al 31 dicembre. Entrare nel merito del progetto che ci è stato illustrato oggi - dice il segretario regionale della Fiom Roberto Mastrosimone - è prematuro. Il numero di lavoratori che vorrebbero impiegare è insufficiente e non è chiaro quali prospettive possono esserci per le ditte dell'indotto e quali relazioni industriali Grifa intende avviare con queste aziende».

Esprime cauto ottimismo l'Ugl. «È importante - dice il segretario della Ugl metalmeccanici Antonio Spera - arrivare in tempi stretti a soluzioni solide, perchè il tempo stringe e il 31 dicembre scadrà la cassa integrazione». La Fim Cisl, invece, sottolinea che occorre «verificare la fattibilità della continuità degli ammortizzatori sociali per consentire l'avvio del piano industriale».


Sindacati e azienda torneranno a discutere i primi di agosto nella sede di Confindustria a Palermo. Altri incontri sono in programma a settembre: uno si terrà a Roma nella sede del ministero dello Sviluppo economico l'8 sul tema degli ammortizzatori sociali e il mantenimento dei livelli occupazionali in caso di messa a regime del progetto. L'altro, invece, il 22 settembre al Mise per definire l'accordo di programma quadro per il rilancio del polo industriale termitano. 

giovedì 17 luglio 2014

Il nuovo piano della Grifa non convince

Non convince il piano per il rilancio dello stabilimento Fiat di Termini Imerese che si discuterà probabilmente il 23 luglio prossimo a Roma presso il Ministero dello Sviluppo Economico con la presenza del governo e della Fiat.
Non convince, non tanto per il progetto in sé, dato che le auto ibride ed elettriche avranno sempre più spazio nel futuro (crisi e, in questo caso, concorrenza, permettendo, dato che la Toyota con la Yaris è da anni sul mercato) ma per le troppe "scatole" dentro le quali si inseriscono i vari finanziatori, senza dimenticare che in realtà la maggior parte dei soldi dovrebbe metterli ancora una volta il "pubblico" e cioè la Regione Sicilia.
La "cordata" è composta infatti di "banchieri di formazione internazionale", e i banchieri, come si sa investono per un profitto immediato e come ammette Tonelli, ex capo risorse umane di Fiat Auto, e componente della Grifa, la nuova società che si è proposta per il rilancio: "Noi investiremo 350 milioni di euro in tre anni: i cento del capitale [per ora sono solo 25!] e altri 250 grazie ai finanziamenti delle istituzioni, denari che pagheremo un po’ meno di quanto faremmo andando a reperirli sul mercato, e che restituiremo: non si tratta di quattrini pubblici a fondo perduto, ci tengo a precisarlo [dicono tutti così]. Così come dev’essere chiaro che non possiamo farci carico pure degli addetti dell’indotto, come piacerebbe al sindacato» tanto per essere chiari!

La Fiat si presenta ancora al tavolo perché vuole uscirne senza danni di immagine, e quanto ci tiene all'immagine Marchionne lo ha ben dimostrato con il suo discorso a proposito dello sciopero alla Maserati!
Il governo, come ha fatto l'8 luglio scorso, si presenta perché deve comunque avere ancora una scusa per giustificare la concessione della probabile nuova cassa in deroga per il 2015; quella attuale scade a fine anno ma senza una ripresa del lavoro già ad ottobre potrebbero arrivare le lettere di licenziamento…

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TERMINI do Brasil
Il futuro dell'ex impianto Fiat è in mano a un fondo di Rio. Che vuol produrre una citycar ibrida. Sfida non semplice
DI MAURIZIO MAGGI E GLORIA RIVA

Dalle sponde del Tirreno alle rive atlantiche di Rio de Janeiro. Se le trattative tra i sindacati, il governo e la Grifa andranno in porto, il nuovo padrone dello stabilimento d’auto di Termini Imerese, in provincia di Palermo, sarà raggiungibile al numero 401 di Rua Visconde de Piraja, Ipanema, a due passi dalle spiagge più famose del mondo. È qui, infatti, che ha sede Kbo Capital, la società d’investimenti guidata dal banchiere Roland Gerbauld pronta a ricapitalizzare la Grifa, la start up dal nome antico (Gruppo Italiano Fabbriche Automobili) che da settembre 2013 è in pista per rilevare e, si spera, rilanciare il travagliato impianto siciliano ex Fiat. È ambizioso il progetto della Grifa: cominciare a produrre, tra fine 2015 e inizio 2016, una citycar a motorizzazione ibrida. Nel segmento A, quello della Panda, di vetture ibride ancora non ce ne sono. La più piccola in circolazione è la Yaris Hybrid della Toyota. Secondo la Grifa, la sicilianina dal passaporto carioca dovrà costare meno dell’utilitaria nipponica a doppia alimentazione - attualmente il prezzo di listino della versione economica è di 18.650 euro - in modo da poter essere impiegata pure nel car-sharing. Successivamente, la vettura sarà realizzata anche con la sola alimentazione elettrica e, a regime, dalla fabbrica dovrebbero uscire 35 mila macchine all’anno.
Nei prossimi giorni ci sarà l’aumento di capitale, per salire dagli attuali 25 milioni di euro a quota cento. Gli attuali azionisti italiani (un immobiliarista, un operatore turistico e un produttore di macchinari per l’energia eolica, racconta il portavoce della società) scenderanno all’uno per cento: il resto sarà tutto in mano ai manager di Kbo Capital, tutti banchieri di formazione internazionale, che nel prossimo consiglio d’amministrazione faranno il loro ingresso ufficiale in società, conquistando pure la presidenza. Anche se il capitale sarà presto straniero, la Grifa seguiterà comunque a parlare italiano. L’attuale amministratore delegato, Augusto Forenza, che ha guidato un’azienda di componenti che forniva la Fiat a Melfi, rimarrà al vertice, così come il capo delle relazioni istituzionali e del personale, Giancarlo Tonelli, ex capo risorse umane di Fiat Auto. Non è l’unico dirigente con un passato torinese a far parte della squadra. Alla regìa tecnica, infatti, ci sono Giuseppe Ragni, già direttore centrale dell’Alfa e condirettore generale di Alenia Aeronautica, e Giovanni Battista Razelli, un passato in Ferrari e poi gran capo del gruppo piemontese in America Latina. Da qui sono nati i rapporti con la finanza brasiliana, sfociati nell’accordo con Kob Capital.
Tutto è comunque legato alla soluzione della matassa sindacale. Alla fine dell’anno scadrà la cassa integrazione per i 769 dipendenti dell’impianto siciliano dove, fino al 2011, si è prodotta la Lancia Ypsilon. Il tempo stringe e se va in fumo anche questa iniziativa sarà praticamente impossibile immaginare un futuro industriale per la sfortunata fabbrica isolana. Anche perché senza accordo non arriveranno, alla Grifa, i prestiti promessi dal ministero dello Sviluppo Economico e dalla Regione Sicilia. Dice Tonelli: «Noi investiremo 350 milioni di euro in tre anni: i cento del capitale e altri 250 grazie ai finanziamenti delle istituzioni, denari che pagheremo un po’ meno di quanto faremmo andando a reperirli sul mercato, e che restituiremo: non si tratta di quattrini pubblici a fondo perduto, ci tengo a precisarlo. Così come dev’essere chiaro che non possiamo farci carico pure degli addetti dell’indotto, come piacerebbe al sindacato», spiega Tonelli.
Dopo l’ultimo incontro (martedì 8 luglio) con la società, peraltro, l’ottimismo da parte dei rappresentanti dei lavoratori sembra essersi raffreddato. Il responsabile del personale, infatti, ha ribadito che la Grifa potrà riassumere circa 400 persone nel giro di 2-3 anni. Ipotesi che non garba troppo a Roberto Mastrosimone, segretario regionale della Fiom-Cgil: «Per ora quelli della Grifa sono solo annunci, non siamo riusciti ad analizzare nel dettaglio il piano industriale. Se al principio pensavamo che dietro al progetto ci fosse Fiat, ora ci chiediamo perché il gruppo torinese dovrebbe regalare gli impianti alla Grifa, mentre tutti i dipendenti vengono licenziati in attesa di una ipotetica riassunzione solo di una parte della forza lavoro». Alla Fiat di Sergio Marchionne, in verità, oggi interessa soprattutto che Termini Imerese esca dal suo perimetro senza traumi sul piano sociale ed effetti negativi per l’immagine.
Al prossimo appuntamento a Roma, alla presenza del governo e pure della Fiat - il 23 luglio - i contorni della faccenda saranno meglio definiti. Meno pessimista appare il sindaco della cittadina, Totò Burrafato, già scottato dal fallimento della “via molisana” per rilanciare l’impianto. Massimo Di Risio, il patron della DR di Isernia, che pure quando gareggiava con le auto da corsa se la cavava bene, nel gran premio della rinascita di Termini s’è fermato ai box prima ancora dello start. «Tutti quelli che si sono avvicinati allo stabilimento di Termini Imerese si sono spiaccicati contro il muro. Ora, forse, questa è la volta buona», si augura il primo cittadino.
Il telaio, il motore termico e le parti meccaniche, dice Tonelli a “l’Espresso”, la Grifa «li comprerà da un costruttore europeo». Tonelli non vuole dire che li acquisterà da un costruttore italiano ma il candidato più probabile, e verrebbe da dire naturale, è proprio Fiat.
Esplicite invece, fin da subito, le intese con la Magneti Marelli, che già fornisce componenti elettrici ed elettronici fuori dal gruppo Fiat. Il presidente della Magneti Marelli, tra l’altro, è Eugenio Razelli, fratello di Giovanni Battista, uno dei potenziali “papà” tecnici delle future Grifa. Lo sviluppo del sistema ibrido, la sfida tecnologicamente più impegnativa, sarà fatto in collaborazione con il Politecnico di Torino e con quello di Palermo.
Bocche cucite sull’argomento design, ma si sa che tra i carrozzieri interpellati c’è anche l’Italdesign di Giorgio Giugiaro. Sul vessillo nazionale del Brasile campeggia la scritta “Ordem e Progresso”, ispirata al motto del filosofo positivista Auguste Comte. I lavoratori di Termini Imerese, il governo e la Fiat incrociano le dita e sperano che il piano della Grifa targata Rio de Janeiro faccia davvero dei progressi.

martedì 15 luglio 2014

In attesa dell'incontro del 23 luglio ancora un articolo del sole 24 ore di oggi


MILANO
Una società italiana costituita quattro mesi fa - la Grifa spa - controllata da un'altra con sede sociale a Bolzano che si occupa di energie alternative - la Energy Crotone 1 - con al vertice una finanziaria milanese - la Professional Asset Management srl - amministrata da un (probabile) prestanome congolese. Questa la struttura del gruppo che con l'aiuto pubblico punta a rilanciare la produzione di auto a Termini Imerese. Alla guida (come amministratore delegato di Grifa spa) c'è Augusto Forenza, 72enne commercialista napoletano, per anni factotum dell'imprenditore Mario Maione, che negli anni 2000 costruì un impero diversificato (dalla fornitura di componenti a Fiat alla costruzione di parcheggi alla produzione di pasta) travolto poi da una serie di fallimenti.
L'amministratore di Professional Asset Management - domiciliata a Milano e controllata al 95% dal napoletano Raffaele Cirillo – è Kiala Dielunguidi, nato a Tuku (Congo) nel 1963 e che risulta al Cerved avere cariche societarie anche nella Kama Group di Firenze, Spt di Lecce, Mcn Engineering di Milano e in una decina di società, prevalentemente immobiliari, domiciliate a Roma.
Vediamo i numeri del progetto che sono stati comunicati nei due incontri, prima alla Regione Sicilia e poi, martedì, al Mise. Grifa investirebbe 250 milioni di euro per produrre nell'ex fabbrica Fiat di Termini Imerese 35mila auto ibride l'anno, e promette di riassumere 450 operai. Al progetto parteciperebbero, in qualità di consulenti, la Walking World di Giuseppe Ragni (che fu dirigente Fiat fino alla metà degli anni 90) e Giancarlo Tonelli (anch'egli con un passato in Fiat nel settore delle risorse umane); e la Leonardo italian engineering di Giuseppe Valli, società in realtà controllata al 40%, tramite un'immobiliare, dallo stesso Forenza.
Dalla Grifa i dubbi sulla curiosa struttura del gruppo vengono definiti irrilevanti. La presenza di una società di energia eolica (la Energy Crotone 1) si spiega secondo una fonte vicina al progetto con il fatto che «l'idea iniziale dei promotori italiani era quella». Tonelli dice che l'operazione è partita a fine 2013 ma di non sapere nulla della struttura societaria attuale e di non conoscere né Cirillo né Dielunguidi: «Ha pensato a tutto Forenza, che ho conosciuto quando lavorava per una società di componenti fornitrice della fabbrica Fiat di Melfi». Tonelli rivendica l'idea dell'ibrido, che gli è venuta «guardando al boom di vendite di auto ibride degli ultimi due anni».
Ad ogni buon conto, dice Tonelli, «ai soci italiani sta per subentrare un socio di peso brasiliano». Il numero de «L'Espresso» in edicola cita la Kbo Capital «guidata dal banchiere Roland Gerbauld»; Kbo è una società brasiliana di consulenza in campo finanziario. Secondo Tonelli «il fondo di Kbo è gestito dal Banco Brj guidato da Luiz Augusto Queiroz, che ha già partecipato agli incontri con il Mise». Queiroz è già stato protagonista (forse a sua insaputa) di una mancata acquisizione in Italia: il suo nome era stato fatto nel maggio 2011 da un suo rappresentante italiano come acquirente del Credito Sammarinese; la banca fu poi commissariata due mesi dopo, e i vertici arrestati.
Tonelli assicura comunque che «entro il prossimo 23 luglio ci sarà l'aumento di capitale da 25 a 100 milioni. A quel punto i brasiliani avranno oltre il 90% delle quote», evidentemente acquistando anche quelle degli attuali soci.
Saranno il ministero e Invitalia a valutare la credibilità della composita cordata; i precedenti, per quanto riguarda le proposte giunte per la fabbrica di Termini Imerese, non sono incoraggianti.